Il primo temazcal

Clara è ritornata e la nostra avventura messicana ha inizio.

Non so cosa aspettarmi dalla spiritualità shamanica; la mia curiosità di scoprire il significato delle cerimonie, di vivere ciò che ho sentito unicamente attraverso le parole dalla mia amata Clara, è enorme.

La prima occasione che ci si presenta è di partecipare ad un temazcal, ovvero una capanna di sudore. Nella tradizione centro americana, questa è una cerimonia molto comune e dal fascino incredibile.

E’ un giorno di luna piena, quindi l’energia che si percepisce è molto più elevata di quanto lo potrebbe essere in un’altra occasione.

full moon

Sono l’unico uomo presente alla cerimonia. Purtroppo non molti maschi hanno un senso della spiritualità elevata come le donne, e la partecipazione maschile a queste cerimonie è molto limitata. Ci disponiamo in cerchio attorno al falò su cui sta armeggiando el hombre de fuego, mentre Carmela, la shamana che presiede la cerimonia, ci spiega alcune cose su come essa si svolgerà.

Ad ognuno vengono date delle foglie di tabacco secche, che dovremo sbriciolare lentamente nella nostra mano, pensando all’intenzione su cui vogliamo lavorare durante questo temazcal, ai blocchi energetici e psicologici di cui vogliamo liberarci, ai desideri che vorremo venissero esauditi, alle preghiere che vorremo fare per noi o per chi ci sta a cuore.

Dopo aver sbriciolato il tabacco, ad uno ad uno ci poniamo di fronte al fuoco.

Con la mano disegniamo nell’aria le quattro direzioni e successivamente un cerchio verso destra a simboleggiare la nostra parte maschile e uno verso sinistra per la nostra parte femminile; infine gettiamo il tabacco nel falò in modo che le nostre richieste diventino parte integrante della cerimonia e ci si possa lavorare sopra.

Nel falò, sotto la legna che sta bruciando, sono state poste le pietre vulcaniche che verranno poi inserite ad una ad una nella capanna di sudore e che stanno diventando incandescenti. Sono pietre laviche che vengono direttamente dal centro della Terra e perciò portatrici della conoscenza e dell’energia di nostra Madre Terra, la Pachamama.

Ognuno di noi, a turno, suona una canzone con un tamburo per incitare il fuoco a bruciare e a scaldare le pietre fino a quando saranno pronte per la cerimonia, caricate con l’energia vibrazionale di ognuno di noi.

Carmela decide che io, essendo l’unico uomo, dovrò posizionarmi nella capanna nel lato opposto rispetto a lei, per bilanciare l’energia all’interno del temazcal. E avrò il compito di lavorare sull’energia maschile, di tutti gli uomini, concentrandomi per liberare la negatività del controllo patriarcale e del controllo maschile sulla donna. Una bella responsabilità per il mio primo temazcal, non c’è che dire. Penso che sono abituato a questi compiti strani.

La capanna è piccola, angusta, costruita con sottili pali di legno e rivestita all’esterno da coperte di lana, che impediranno di far uscire il calore e il vapore che si sprigioneranno quando l’acqua sarà buttata sulle rocce incandescenti. Ad una ad una le donne davanti a me entrano nella capanna accovacciandosi, baciando il terreno e chiedendo il permesso di entrare.

Temazcal

É il mio turno. Entro nella capanna e mi posiziono esattamente dal lato opposto rispetto alla porticina d’ingresso, con le ginocchia rannicchiate per non infilare le gambe nel buco in cui dovranno essere poste le pietre. Quando tutti i partecipanti si sono seduti in cerchio nel temazcal, la shamana chiede all’hombre de fuego di far entrare la prima pietra. Con un forcone, l’aiutante arriva fino alla porta gridando :”Abuelita!” che in spagnolo è un vezzeggiativo per indicare la nonna.

E’ una forma di rispetto con cui ognuna delle pietre viene chiamata, per ribadire il concetto che è madre della nostra madre biologica siccome proviene dalle profonde viscere della Terra.

Noi all’interno rispondiamo “Bienvenida Abuelita!” cantandole una canzone di benvenuto.

Carmela, aiutandosi con dei rudimentali forconi in legno, ripone delicatamente la pietra nel buco e la dispone affinchè occupi il giusto spazio. Sette rocce entrano dalla prima porta, ognuna secondo il rituale descritto. Alla chiusura della porta con una coperta, iniziano i canti ritualisti diretti da Carmela che nel mentre versa acqua sulle pietre, facendo diventare la capanna una sorta di sauna.

Chiudo gli occhi e mi concentro sulla melodia, sulla vibrazione trasmessa dalla musica, sentendo che il calore e la partecipazione di tutte le persone presenti alla cerimonia sono uno stimolo fortissimo per liberare quei blocchi energetici e psicologici su cui ho deciso di lavorare .

Dopo tre canzoni Carmela decide che è giunto il momento di aprire nuovamente la porta per far entrare altre pietre. Gridiamo tutti assieme “Puerta!” e la coperta viene sollevata dall’esterno. L’hombre de fuego porge alla shamana la prima delle prossime sette pietre, che salutiamo come avevamo fatto precedentemente.

Questa volta ogni pietra viene sfregata con delle foglie di salvia, permeando di profumo tutta la capanna. Quando la coperta ci isola nuovamente dall’esterno, e in seguito al versamento dell’acqua sulle pietre, il caldo comincia a diventare intenso e si fa fatica a respirare, figuriamoci a cantare.

Sento il mio corpo scaricare molta negatività, resisto a fatica al calore, sudo copiosamente e inizio a soffrire la permanenza all’interno della capanna. Penso che è impegnativo resistere non potendosi accasciare a terra per evitare i vapori bollenti che si accumulano verso l’alto.

La porta si riapre e un po’ del calore se ne va, ma devono entrare ancora sette pietre e capisco che il calore si farà più intenso. Questa volta non tutti riescono ad intonare il canto di benvenuto per le abuelite; si vede che alcuni di noi sono già provati. Alla chiusura della terza porta e al versamento dell’acqua, il clima si fa soffocante. Non riesco a cantare, ma tento di seguire mentalmente il ritmo incalzante dei tamburi.

Sbuffo e ho la sensazione di liberare moltissime energie negative. Mi gira la testa, mi sembra di collassare. Devo resistere, so che posso farlo e che non devo temere di stare male.

Il mio corpo è provato. Il caldo è troppo soffocante. All’apertura della terza porta chiedo il permesso di uscire.

Mi accovaccio per passare a gattoni attraverso l’angusta porticina. Saluto la fresca aria dell’esterno con un sollievo notevole. Mi rialzo in piedi lentamente, tentando di non cadere nei tizzoni ardenti del falò che ancora brucia. Sono senza occhiali e devo raggiungere la doccia dall’altra parte del giardino.

Il getto d’acqua è così fresco che mi risveglia in maniera brusca. Sentire le gocce d’acqua fresca che picchiettano sopra il mio corpo è un sollievo incredibile. Passo cinque minuti buoni sotto questa pioggia rinfrescante, tentando di riprendermi dal colpo di calore subito. Cerco acqua da bere e ne ingurgito un litro tutto d’un fiato.

Mi sento un po’ meglio, ma mi gira ancora la testa.

Mi devo sforzare moltissimo per ricompormi e aggregarmi al circolo formato davanti al fuoco dagli altri partecipanti al temazcal. Carmela recita le ultime parole di commiato e alcune donne, a turno condividono la loro esperienza.

Non riesco nemmeno ad ascoltare.

Penso che per comprendere realmente il significato profondo di questo cerimoniale, dovrò farne altre.

Lascia un commento