Il coraggio di farlo

Guido.

Siamo sul nascere di un nuovo giorno. Sto percorrendo la solita strada per recarmi al lavoro.

È una mattina come le altre, i pensieri che ho per la testa già mi permettono di chiarirmi i dubbi sulla fattibilità di un progetto ambizioso che abbiamo al lavoro.

Riorganizzare l’azienda! Che delirio! Faremmo prima a rifondarla da capo.

Guardo il sole sorgere. Un sole che mi abbaglia, che mi acceca.

Un sole che mi illumina.

Rifondare l’azienda da capo sarebbe più semplice. Ma è anche impossibile. Non si può fermare un meccanismo così complesso senza rovinare qualche ingranaggio.
Mi sento affranto. Sopraffatto.

Credo che le mie capacità non siano sufficienti; ma soprattutto credo che non ci sia la reale volontà di cambiare qualcosa.

Ci si riempie la bocca di parole; ma quando si tratta di agire si rimane bloccati perché non si conoscono i veri problemi e, soprattutto, non si ha il coraggio nè la volontà di affrontarli di petto.

 

Il sole continua ad accecarmi.

Ad illuminarmi.

 

Sono solo con i miei pensieri. Come spesso capita. Come spesso è capitato.

 

Sono solo.

Mi sento solo.

 

La solitudine è una mia vecchia compagna di vita.

Sono cresciuto sentendomi solo, circondato da affetti mal riposti, da persone poco propense a guardarsi dentro e molto prone a scaricare sul prossimo le loro debolezze, i loro dolori, le loro paure.

 

Il sole mi illumina.

 

Capisco che ho paura.

 

Ho paura di cambiare perché ho paura di affrontare il mio dolore e la mia sofferenza. Non le voglio vedere.

Desidero piuttosto nascondermi dietro ad un sorriso di circostanza, ad un atteggiamento spavaldo.

Raccolgo sfide all’esterno per non sfidare i mostri che ho all’interno di me stesso. Quegli stessi mostri che combatto fuori di me, siano essi il mio capo con mentalità retrograda piuttosto che la mia donna piena di problemi irrisolti, stanno tutti anche dentro di me.

Preferisco, codardamente, osservarli al di fuori, notarli negli altri, piuttosto che riconoscerli dentro di me.

 

Che libreria piena di sapere.

Peccato che la mia vista non perfetta non mi permetta di mettere a fuoco le piccole lettere che compongono i titoli di quei libri così interessanti.

“Fisica” .

è l’unico titolo che riesco a distinguere tra i tanti. Un titolo che mi riporta indietro nel tempo, ai miei venti anni, alle mie giornate trascorse a studiare e a sudare su libri per cui nutrivo relativamente scarso interesse.

Il mio sguardo si distrae su quella infinitesima distesa dello scibile umano che è la libreria di Mauro.

Mauro ha una voce profonda, segnata dagli anni.

Mauro mi ha appena sferzato con le sue parole.

Mi ha zittito.

Mi ha fatto riflettere su uno di quei mostri che ho dentro e che non ho mai voluto affrontare.

Mauro, con le sue parole, e i suoi silenzi mi sta portando per mano esattamente di fronte a loro.

Non li vedo ancora.

Ho paura di chiudere gli occhi e di ritrovarmi davanti immagini che ho rimosso. Momenti che ho cancellato grazie al meccanismo di autoprotezione che il nostro cervello utilizza per rimuovere i momenti più terrificanti della tua vita.

 

Ok, lo ammetto. Non ho visto gente morire. Non ho mai sofferto la fame.

 

Mi è solo mancato l’amore, l’affetto, la comprensione.

E quando mi mancavano, mi rifugiavo nei libri.
Quegli stessi libri che osservo ora mentre sto facendo parlare la bocca, senza pensarci su troppo. O almeno ci sto provando.

 

Mi sento piccolo, indifeso.

Impaurito.

Ma so che c’è Mauro a tenermi la mano. A portarmi vicino al mostro. A riconoscerlo. A guardarlo negli occhi per capire che è umano tanto quanto lo sono io. Ad invitarmi ad accarezzarlo senza paura, ad affrontarlo, ad accettarlo e ad accoglierlo come una parte di me.

 

Ho avuto il coraggio di farlo.

Il coraggio di guardarmi dentro osservando una libreria, disteso su un lettino, guardando sempre lo stesso punto per vedermi riflesso e non avere più paura di ciò che vedo.

E ho avuto il coraggio di condividerlo.

Perché mi dà forza sapere che chi leggerà queste parole sarà testimone di una parte fondamentale della mia vita. Chi mi vuole bene apprezzerà questa condivisione.

E forse, come spero, imparerà qualcosa.

 

Ho avuto il coraggio di farlo.

E il coraggio di dirlo.

Ora mi mancano solo le parole per raccontarlo.

Arriveranno presto.