Sull’amore, a trent’anni

Qualche giorno fa sono stato invitato ad un compleanno di una ragazza che ha compiuto 30 anni.

E’ sempre emozionante cambiare la prima cifra dell’età.

Ora che mi sto lentamente avvicinando ai 35 ho ripensato al luglio del 2009, quando lavoravo nel deserto e mi stavo avvicinando a questa soglia.

Ed ho ritrovato quello che avevo scritto

 

30

 

I miei primi trenta

Quando cambia la prima cifra dell’età, si ritiene che sia un momento particolare della propria vita.

Un momento per guardarsi indietro, ma anche per guardare in avanti.

Alla festa di compleanno in cui compivo dieci anni, mi ricordo che mia madre mi disse che avevo davanti a me il decennio più importante della mia vita, in cui avrei fatto molte scelte, avrei superato l’adolescenza, avrei scelto una direzione per la mia vita.

In parte aveva ragione.

Quando compii vent’anni ero nel pieno delle mie forze, della mia giovinezza, e sentivo di aver concluso un decennio molto importante e allo stesso momento divertente della mia esistenza. Forse non ero conscio di che decennio mi avrebbe atteso da lì a poco.

E di come sarebbe stato difficile trovare degli aggettivi adatti a descriverlo.

Non ho ancora trent’anni, ma ci sono quasi.

E credo di poter dire di aver vissuto molto intensamente gli ultimi dieci anni della mia vita.

Il 7 settembre del 1999 non avrei neanche lontanamente immaginato che mi sarei messo a scrivere queste righe seduto davanti ad una finestra che si affaccia sull’infinità del deserto del Sahara.

E ancor meno avrei pensato di poter raccontare e ricordare di aver vissuto a Trieste, a Udine, a Londra, a Bangkok, a Milano, a Piacenza, nella giungla del Congo e nel deserto della Tunisia.

Di saper parlare fluentemente l’inglese, di arrangiarmi con il francese, di voler imparare lo spagnolo e di aver perso l’accento gradese.

Non avrei mai detto che sarei diventato un instancabile giramondo, una sorta di vagabondo senza dimora, un irrequieto esploratore di nuove culture, in cerca della luce che risplende dietro gli occhi di chiunque abbia la fortuna di incontrare lungo il mio cammino.

Forse immaginavo che mi sarei posto molte domande sul significato della vita, per arrivare alla conclusione che è meglio non porsene troppe perchè è probabile che non ci abbia capito molto.

Non sapevo che avrei tentato di imparare ad amare con voglia sempre crescente.

Che avrei usato il verbo amare coscientemente ma anche a sproposito, che avrei gioito e sofferto, fatto gioire e fatto soffrire in nome dell’amore, fino a comprendere che bisogna imparare a non odiare sé stessi prima di potersi avvicinare al vero significato della parola amore.

In questi ultimi dieci anni ho conosciuto centinaia, fors’anche migliaia di persone con cui ho comunicato in parecchie lingue; anche i gesti sono una lingua.

Molte persone sono entrate nella mia vita per lasciarci un segno indelebile e per accompagnarmi nei momenti più belli e in quelli più brutti.

Alcune sono uscite di scena per sempre, facendomi soffrire, piangere e lasciandomi un vuoto che a volte è stato difficile da colmare.

Ci sono stati casi in cui ho imparato più da un incontro fortuito con qualcuno con cui ho parlato solo per pochi minuti che da persone che ho frequentato per lungo tempo.

Ad ogni modo, tutti coloro che sono apparsi nella mia vita, che hanno fatto parte di questo strano sogno così reale, mi hanno insegnato qualcosa su me stesso.

Mi hanno aiutato a diventare quello che sono ora.

A tutti questi angeli che hanno condiviso con me questi miei primi trent’anni, vorrei dire grazie.

Grazie per aver fatto parte della mia esistenza.

Grazie per avermi insegnato molte cose, tra cui avermi aiutato a comprendere, in parte, il significato della vita.

Spero proprio di poter continuare ad essere accompagnato sulla mia strada da questi angeli e di aver la fortuna di incontrarne altri che mi permettano di poter imparare, per tutto il resto del tempo che mi resta da vivere in questo strano sogno che è la vita, come si fa ad amare.